Di pasta con le sarde ne ho assaggiati diversi piatti nella vita, fuori dal suo entourage di appartenenza, ovvero l’Isola sicula. Pure a Roma e una volta persino, e dico persino, a Milano.
Gli ingredienti quelli sono, se trovi un pusher che ti fa avere del finocchietto selvatico sei salvo, puoi farcela, dico a voi, nordici, pure se non siete siciliani, avrete un mercato del pesce, una rivendita di pesce, da qualche parte in città, potete farcela, non disperate.
Ma c’è una pasta con le sarde che non ha eguali al mondo ed è quella che cucina mia madre. Voi direte, ha un ingrediente segreto? E io dico no, non ce l’ha. Allora, dicci: è particolarmente accurata e lenta nella preparazione? E io dico no, è una scheggia, si muove fra i fornelli alla velocità della luce, ha sempre mille faccende da spicciare, e allora a questo punto indagherete: sussurra forse mantra amorevoli mentre amalgama gli ingredienti? No, si lamenta semmai e parla al cellulare.
Allora, come mai la pasta con le sarde di mamma gambina è così favolosa? Perché lei, si alza una mattina e dal nulla, come se fosse un ordine calato dalle alte sfere, compone il suo pensiero: domenica faccio la pasta con le sarde. Poi si attacca al cellulare, e numero dopo numero, chiama tutti i figli annunciando la lieta novella: domenica cucino la pasta con le sarde. L’annuncio è serio, dichiarato con voce grave e pacata. Dopodiché comincia ad allertare mio padre, dicendo “domenica vengono i tuoi figli e gli dobbiamo fare trovare la pasta con le sarde” Lei dice proprio così: trovare, come se si trattasse di un tesoro da scovare dentro una caverna.
Mio padre, in evidente stato di emergenza, una mattina si alzerà prestissimo e andrà al mercato del Capo e sceglierà dallo stesso banco, quello che conosce da 20 anni, le sarde fresche per la sua prole.
Mia madre, prima di cucinarle, le spinerà lungamente; sa che io le spine del pesce le detesto e mentre lo fa ripeterà: “Daniela non le sopporta le spine”, come a darsi coraggio e arrivare in fondo, fino all’ultima spina.
Poi io mi siederò e la mangerò distratta, quella pasta, e guarderò la tv e litigherò con mia sorella o mi lamenterò del lavoro e magari dimenticherò di chiedere il bis. Lei forse ci resterà male, o forse no.
Me ne andrò sapendo che lei mi richiamerà, fra una settimana o due. E io avrò la pasta. Quella pasta. Preannunciata dalla stessa chiamata.
Ecco perché, ora e per sempre, la pasta con le sarde di mia madre è e sarà la più buona del mondo.