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Palermo, munnizza e natura: cosa ci raccontano i gabbiani in città

Sul lucernario del mio palazzo li vedo, appollaiati, le zampe, somigliano a quelle delle oche, palmate: sono i gabbiani, abitano sulla mia testa, alcune notti li sento perfino camminare. Qualche giorno fa, immobile sul bordo del cassonetto dei rifiuti di casa mia c’era un gabbiano. Un volatile enorme, sul becco una macchia di rosso, perfettamente a suo agio come se fosse un’azione usuale, il gabbiano ravanava nella munnizza per cibarsi.
In ultimo, una volta che avevo spalancato le ante, un’ala, enorme, di un gabbiano ne ha sfiorata una facendola vibrare. Certe volte, il tipico urlo del gabbiano può svegliarti, sembra che dialoghino, a distanza, con qualche simile. Forse si domandano “vuoi andare al mare?” e l’altro risponde “no, che non me la sento, prendo umidità.”
Da bambina ho disegnato milioni di volte il cielo e il mare, divisi dalla linea dell’orizzonte, un pugno di nuvole in cielo e gabbiani stilizzati, silhouette con la tipica forma di sopracciglio che simboleggiavano una determinata atmosfera: quella della costa.
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Il gabbiano, certo, ci ricongiunge alla nostra natura: Palermo significa tutto porto. Nell’iconografia classica, segue le barche col pescato, afferra bocconi prelibati lanciati in volo. Ma il gabbiano domestico è una realtà, il segno di un cambiamento, chiaro. Dice che se ne vedono a stormi (si dice così, no?) volteggiare sulla discarica di Bellolampo. Dice, ho trovato sulla nuova Bibbia moderna, ovvero internet, che alcuni esemplari il mare non lo vedranno mai, non navigheranno, insomma, non saranno come i loro nonni, forse nessuno li riporterà al largo, a planare fra le onde e tuffarsi fra i flutti e pescare, verso l’orizzonte, come si faceva una volta. Da nni, ormai, nifdificano sul tetto dell'Orto Botanico di Palermo. Gabbiani reali, solo nel nome a quanto pare.
Il gabbiano sta in città per dirci una cosa precisa: siete zozzi, io magno e cammino sulle vostre teste (si dice infatti: ti mangia in testa) perché voi non curate questa città e manco la natura, ci avete i cassonetti pieni e il mare più vuoto.
In parte, confessiamolo, il gabbiano di città che vive di munnizza a Palermo rischia di perdere molto del suo fascino.
Di contro fa un’immensa tenerezza. Ha dovuto adattarsi, come migliaia di persone, e vivere di resti. Il gabbiano, in città condivide i cassonetti con migliaia di cercatori. Gente che ogni giorno si guadagna da vivere cercando nella munnizza. Il gabbiano ogni volta che non vola, non segue la scia delle barche, e cerca il pasto fra i rifiuti, fermo e fiero, non contravviene alla sua natura, ci dice soltanto questo: le cose sono cambiate qui, non te ne eri accorta bella mia?

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