Una bottiglia de Le schette, se te la portano a casa, in Sicilia, la noti. A cominciare dal nome. Le schette, in siciliano significa, le zitelle, adesso diremmo le singles, per eccesso di political correct, ma le schette, sono altre, sono donne autonome, piene di vigore. Come questi vini, che partendo dalle schette, che in verità è il nome della contrada, proseguono con la precisa volontà di farsi bere e riconoscere nel ricco panorama delle Terre siciliane.
Diciamolo, in questo momento la Sicilia si è distinta per un ricchissimo parterre di etichette e un’infinità di riconoscimenti.
Ma se date un’occhiata all’offerta delle Cantine La Vite, vi troverete davanti a una vera e propria dichiarazione d’intenti: far bene, lavorare insieme e creare un relazione con gli acquirenti, fatta da scelte precise.
Una linea bio, uno spumante rosé con un nome che suona come una promessa “P’amuri” (con un nome così, quando lo stapperemo, se non per suggellare un momento di poesia?) una rinnovata cura nel packaging dove si affaccia un indomito babbaluci, ovvero una chiocciola, o una coccinella – insetti fondamentali per le colture bio – per rinnovare la veste dei loro monovarietali Urries e Rahalmet.
E poi le intramontabili Le Schette, Isola persa e Falconera, punte di diamante, come Altariva, a cui si affianca Butherae.
Uno sguardo diligente alle politiche commerciali, un’attenzione verso le richieste della clientela, sempre più accorta e orientata verso le aziende sostenibili.
Perché il buon bere per i winelovers passa anche dall’amore verso l’ambiente.
I numeri delle Cantine La Vite sono questi: una azienda e due doc, 1400 ettari di superficie vitata di cui 230 in bio.
Produzione che vira verso l’ uva a bacca nera (circa 80%), uve autoctone bianche siciliane e uva Nero d’Avola, di cui l’azienda è la maggior produttrice in Sicilia.
Poi c’è tutto quello che non si può contare: la dedizione, la passione, l’impegno. Si possono contare gli anni, questi sì. Ma questa realtà di Riesi, questo territorio, questo vino che crea indotto, dove confluisce lavoro, non solo di soci, ma di produttori, conferitori e altri protagonisti del comparto. Che sembrano i fiumi, ettolitri, di vino da imbottigliare, è creato nel tempo, da intuizioni, relazioni e sinergie.
Perché la fida resta sempre quella: mettere insieme, le identità, le “teste di ognuno” creare sistema. Crescere, curare la terra e i suoi frutti.
“La Cantina La Vite viene fondata nel 1970 per volontà di 43 soci che decidono di unirsi per dare il via a quella che è diventata una delle realtà vitivinicole più produttive e floride dell’intera Sicilia. Grazie all’utilizzo delle più innovative tecniche di produzione e soprattutto operando nella massima attenzione e rispetto per l’ambiente la Cantina La Vite è conosciuta in tutto il mondo per la qualità dei propri prodotti”.
Un fiume di idee, che diventa
street art, la stessa che ricopre i silos, attinge alle radici in un muto scambio. Sono opere del duo di
graffiti artists siciliani
Rosk & Loste sono loro a ricoprire di colore la cantina a rimettere in sce

na i volti senza tempo di divi pop come Totò, Alberto Sordi, Vittorio Gassmann, Ciccio e Franco, Sophia Loren, ma anche l’uva e la volpe o il gatto.
Attingere al nostro immaginario, quello della cinematografia, dei modi di dire, per dare nuove sfumature al vino. Creare un ambiente fruibile, da un punto di vista estetico e artistico.
Rendere onore alla natura e alla tradizione.
Perché il vino è espressione culturale e a Riesi, in contrada Le Schette, lo sanno.
“Narrazioni e rappresentazioni del sacro femminile”, domani la presentazione degli atti del convegno in memoria di Giuseppe Martorana, a cura di Daniela Bonanno e Ignazio E. Buttitta (Edizioni Museo Pasqualino)
Nuovo appuntamento con il ciclo #presentazioniedizionimuseopasqualino. Domani, martedì 13 aprile alle ore 18, verrà presentato in streaming il volume Atti del convegno internazionale di studi in memoria di Giuseppe Martorana, a cura di Daniela Bonanno e Ignazio E. Buttitta, pubblicato dalle Edizioni Museo Pasqualino.
Alla presentazione, che sarà possibile vedere in diretta dalla pagina Facebook e sul canale Youtube del Museo internazionale delle marionette Antonio Pasqualino, parteciperanno Massimo Cultraro (CNR/Istituto per i beni archeologici e monumentali) e Marianna Ferrara (Università Sapienza di Roma). Interverranno Daniela Bonanno (Università di Palermo) e Ignazio E. Buttitta (Università di Palermo). Modererà Rosario Perricone (Direttore delle Edizioni Museo Pasqualino).
Link per la diretta:
www.facebook.com/museoantonio.pasqualino
www.youtube.com/channel/UCB4FEyRenKlkSNrgVi-SCkw
“Narrazioni e rappresentazioni del sacro femminile”
Con Il riso di Demetra (1985), Giuseppe Martorana, professore ordinario di Storia delle Religioni presso l’Università degli studi di Palermo, esplorava le forme di religiosità al femminile in Sicilia, individuando tracce di continuità e persistenza che dai culti locali anellenici conducevano fino a forme di devozione cristiana. I contributi raccolti in questo volume intendono rendere omaggio alla sua memoria e riprendere criticamente i temi delle sue ricerche, indagando le narrazioni e le modalità di rappresentazione del sacro e del divino che coinvolgono l’elemento femminile, lungo un arco cronologico che dall’età del bronzo giunge all’età contemporanea e attraversa uno spazio geografico che dal Vicino Oriente conduce fino alla Grecia peninsulare e alla Sicilia.
Tra le questioni sollevate, vi sono le minacce legate al mondo femminile; la consapevolezza del potenziale di rischio che alle donne è attribuito; l’agentività ad esse riconosciuta nello svolgimento dei rituali e nella partecipazione agli stessi; il ruolo del femminile nella tradizione narrativa.
Ricorrenti sono inoltre i tentativi di ricostruzione degli spazi riservati al femminile, all’interno di culti specifici. Insieme a questi temi si avanzano riflessioni sulle continuità e sulle risemantizzazioni di elementi pertinenti a una religiosità antica al femminile osservabili in pratiche rituali tutt’ora vigenti. Un filo rosso attraversa i saggi: il necessario inquadramento storiografico di categorie e nozioni abusate come quella di “Grande madre”, di “religione mediterranea”, di “sostrato”, insieme a un ripensamento della categoria, fluida e sfuggente, di “sacro”.